Un colloquio lavorativo assurdo e le beghe sentimentali di una folle

Storie di Cortese Irriverenza #8

Qualche giorno fa LinkedIn mi ha inviato la consueta mail di riepilogo nella quale mi informava che una mia vecchia collega di università, tale Ermenegilda, aveva trovato lavoro.

Auguri e felicitazioni.

Spesso e volentieri cestino questo genere di mail senza neanche aprirle, ma caso ha voluto che non rispettassi questa mia consuetudine e che notassi il nome della società: un’azienda presso la quale ho tenuto il  colloquio lavorativo più assurdo di tutta la mia vita.

Una vicenda da film comico che sarebbe un peccato non condividere.

Era il caldo e afoso luglio 2015, dopo l’ennesima ricerca di aziende con posizioni lavorative aperte, decisi di mandare un curriculum alla Mentula spa (nome di fantasia). Incredibilmente mi chiamarono il mattino seguente e fissarono un colloquio conoscitivo per il giorno dopo. Ovviamente accettai, avevo spulciato approfonditamente il loro sito internet ed entrare nel loro team non mi sarebbe dispiaciuto affatto.

Così, incurante del caldo afoso, tirai fuori dall’armadio il famigerato completo da colloquio: giacca, pantalone, camicia, scarpa chiusa.

Mi recai alla loro sede, in un paese dimenticato da tutti gli dei delle varie religioni.

Trovare il portone fu un’impresa non semplice. Nessuno nei dintorni conosceva questa azienda, e non vi erano nei paraggi capannoni, insegne, o indicazioni stradali che potessero testimoniare la sua esistenza e aiutarmi in un qualunque modo. Pensai che, probabilmente, trovare la sede sperduta fosse un test di logica per valutare le mie capacità psico attitudinali. Decisi così di non telefonare disperata per chiedere aiuto al tizio che mi aveva chiamato il giorno prima e, con l’aiuto di google maps, scesi dalla macchina e iniziai a controllare tutti i citofoni dei palazzi della via alla ricerca di questa specie di Atlantide.

La sede era all’interno di un palazzo e mi furono d’aiuto due tizi che stavano scaricando un camion lì vicino.

“Scusate, sapete dove si trova la Mentula spa?“, uno di loro poggiò a terra un’enorme poltrona scura che portava da solo e, grondante di sudore, mi disse: ” Credo che sia l’appartamento affianco a quello dove stiamo scaricando la merce”. Felice di aver finalmente ricevuto un’indicazione e ringraziandolo ripetutamente, mi recai in questo fantomatico appartamento: non vi erano insegne e sul campanello risultava il nome e il cognome del proprietario.

Sì, decisamente un test psico-attitudinale.

Mi rassettai la giacca, passai una mano fra i capelli accuratamente sistemati il giorno prima ma che avevano leggermente ceduto al crespo durante la devastante ricerca. Suonai.

Mi aprì un ragazzo, probabilmente sulla trentina, con una barba mal curata e l’espressione di uno che era appena tornato da un festino universitario a base di alcool comprato in un discount di bassa categoria. Indossava delle converse sporche, un jeans pieno di strappi e una maglia con su disegnato Toad.

Toad

Si presentò come l‘ingegnere Cane (nome di fantasia) e mi diede la mano. Io, sicura della mia divisa e con la preoccupazione del capello disordinato, sfoderai il mio sorriso da colloquio- professionale ma non amichevole- e ricambiai la stretta: “Piacere, Ing. Irriverente. Ci siamo sentiti ieri per un colloquio.” 

Mi fece strada e mi disse che il supremo ingegnere capo leader (che nel prosieguo chiamerò Bob) era occupato e che avrei dovuto aspettare un po’.

Seduta nel corridoio, con una valigetta morbida vuota sulle gambe portata per sembrare più professionale, iniziai a guardarmi intorno. La sede, seppur nascosta e priva di insegne, era un normalissimo ufficio.

Nella stanza di fronte a me c’erano due ragazzi, lavorano al pc e, quando mi videro, mi fecero un impercettibile cenno di saluto che ricambiai con un’alzata di testa. La simpatia non era di casa lì dentro ma ancora il peggio doveva arrivare e io ne ero inconsapevole.

Dopo più di mezzora arrivò  Bob.

Megadirettore Galattico alias Bob
Megadirettore Galattico alias Bob

Sorriso smagliante, capello lungo brizzolato, abbigliamento fashion da Ho 60 anni ma non li voglio dimostrare. Si presentò scusandosi per l’attesa e dopo salamelecchi vari mi fece strada nel suo ufficio. Entrai in una stanza buia, molto ampia e con un misero mobilio: una scrivania, un computer, un libreria che ospitava solo un mappamondo di plastica rotto. Nonostante la bellissima giornata di sole, le finestre erano chiuse. Bob si andò a sedere dietro la scrivania, io mi accomodai nella sedia di fronte a lui. Dopo pochi secondi entrano ben 5 persone, un plotone di esecuzione, tutti lì per sentire il mio colloquio e farmi eventuali domande. Si presentarono tutti, ad eccezione dell’ingegner Cane, e si sedettero intorno a Bob.

Durante il colloquio l’ingegnere Cane scrutava attentamente una penna bic, cercando di carpirne i magici segreti; un’ingegnera dall’aria arcigna, Miss Stinky, osservava le sue unghie e tutto sembrava tranne che ascoltare i miei bla bla bla; i rimanenti personaggi mi guardavano distrattamente lanciandomi cenni di assenso quando cercavo il loro sguardo durante la conversazione.

Bob esordì dal nulla con un: “Noi non assumiamo nessuno a meno che possiamo attingere ai fondi. Lei quanti anni ha?”.

Rimasi un po’ sbalordita, era chiaro che il mio curriculum non era stato letto e considerato come un inutile pezzo di carta neanche riutilizzabile come carta igienica. Dovevo avere l’età giusta per poter attingere ai fondi, non un brillante cv. Continuai a mantenere il mio sorriso da colloquio, nonostante dentro di me avrei tanto voluto dargli una testata sul naso, e risposi un quasi impercettibile ventinove.

Prima fase passata, avevo l’età giusta.

Continuò a farmi domande, chiedendomi se fossi in grado di smontare un pc e montare una rete. Probabilmente cercava un tecnico e non un ingegnere gestionale, ma non mi colse in fallo. Il colloquio andò alla grande, già mi immaginavo nella stanza insieme ai ragazzi visti prima salutare la gente con un’alzata di testa perché dire Buongiorno costa troppa fatica.

Stavamo per concludere quando, guardando i suoi dipendenti, Bob disse: “Ok, se gli altri non hanno niente da chiedere direi che abbiamo finito”.

Qualcuno già stava mettendo in ordine le carte dove aveva preso degli appunti quando Miss Stinky, che non mi aveva degnato di uno sguardo trovando più interessanti le pellicine delle sue dita alle mie parole, decise di parlare: “Ma tu cosa vuoi da noi?”.

Mi guardò con un’aria di sfida, manco le avessi offeso la mamma, sembrava lì lì per prendermi dai capelli. Mantenendo la mia professionalità risposi alla sua domanda con il mio sorriso da colloquio: “Un lavoro”. All’improvviso sembrò che il demonio avesse presso possesso del suo corpo, iniziò a gridare: “Voi venite qui, vi rubate l’esperienza e ve ne andate via!”. L’ascoltavo sbigottita, mi voltai verso Bob e vidi che ridacchiava, i suoi colleghi la ignoravano. Risposi nuovamente:” No, veramente io vorrei un lavoro a tempo indeterminato, anche se non credo riusciate a darmelo se volete pagarmi con i fondi regionali”.

Lei, ignorando le mie parole, si alzò e continuò a dare spettacolo dicendo: “Lui…. lui! Si è innamorato! Ed è andato via!…tutti vengono qui, si fanno l’esperienza e vanno via. Lasciandoci nei guai!”.

L’ingegner Cane ritornò dal suo magico mondo e, forse a causa di una probabile amicizia con “lui”, prese le sue difese e le rispose: ” In realtà ha accettato una proposta di lavoro che gli permetterà di fare carriera. E poi vi eravate già lasciati da tempo”.

Io, seduta sulla mia sedia, mi guardavo intorno alla ricerca di una via di fuga ma mi sarebbe andata bene anche una confezione di pop-corn. Se si fosse posta in modo più educato l’avrei anche abbracciata dicendole: “Non ti meritava”, ma sinceramente, a causa del suo inspiegabile delirio, avrei tanto voluto prenderla a ceffoni per farla ritornare in sé.

Mi trovavo nel luogo giusto al momento sbagliato, con una di quelle che doveva decidere la mia assunzione che, al posto di darmi informazioni sul lavoro che avrei dovuto svolgere, gridava ai quattro venti le sue beghe amorose. Bob mi guardò divertito e mi disse:”Stanno discutendo di vicende interne loro, non ce l’hanno con lei”. Risposi di sì con la testa, il mio sorriso da colloquio era ormai sparito e io aspettavo che finissero di rendermi partecipe delle loro vicende interne. Continuarono a battibeccare per diversi minuti di questo Lui che si era scoperto innamorato di un’altra donna, della sua carriera lavorativa e di come se ne fosse andato via lasciandoli, secondo l’arpia, nei guai.

Bob, che probabilmente aveva un campionato di tre sette al bar o che si era reso conto di questo teatro dell’assurdo, richiamò l’attenzione e rinnovando i salamelecchi iniziali mi congedò. Miss Stinky uscì fuori dalla stanza tipo tornado senza salutare.

L’ingegner Cane mi accompagnò alla porta e mi chiese di inviargli dei documenti per mail, cosa che feci la sera stessa ma che, a quanto pare, non servirono a nessuno perché non fui mai più ricontattata nonostante provai più volte a telefonare. Erano sempre tutti impegnati.

Questa esperienza mi ha fatto capire che spesso il percorso di studi, i risultati ottenuti negli anni, l’esperienza lavorativa o la bravura, non sono importanti. Tante volte l’unico fattore che veramente conta è uno: la fortuna. Mandare il curriculum nel momento giusto e trovare un povero diavolo che effettivamente lo legga; incappare in una persona che non ti sbraiti contro i suoi problemi sentimentali; incontrare gente interessata al tuo cv e a quello che hai da dire e non a come possono usarti per accedere ai fondi messi a disposizione dalla regione.

Purtroppo però, oggi funziona così e noi giovani siamo costretti a sottostare a questi capricci e pretese.

Probabilmente dovrei essere grata a questo lui, se avessi ottenuto il lavoro non so come sarebbero andate le cose con una persona che cerca professionalità ma litiga con un collega durante un colloquio per una storia finita male.

Buona fortuna  Ermenegilda, ti auguro che Miss Stinky abbia ritrovato l’amore.

Ps. Chi sia “lui”  resta ancora uno di quei misteri che Adam Kadmon levati proprio.

Se ti è piaciuto l’articolo, leggi anche le altre storie di Cortese Irriverenza! 😀

 

36 commenti

  1. Oddio sono morta 😂😂😂 la parte finale è così surreale che wow hahahaha purtroppo non ho ancora cercato lavoro in azienda, anzi direi che l’unico colloquio che ho fatto nella mia vita è stato per il volontariato in negozio… Quindi nulla in confronto a questo!

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  2. Splendido! Hai reso perfettamente. In un Paese di analfabeti che recitano la parte dei laureati (con i fondi della Regione) … ho l’impressione che tu sia nata nel Paese sbagliato nel momento sbagliato. (A meno che non passi dalla parte di quelli che si prendono i fondi…)

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  3. Oddio 😀
    Rido ma …
    Che situazione te ne son capitate di ogni …
    Hai un bel self control 🙂

    Beh il fato ha sempre un certo peso 
    A maggior ragione poi nella situazione nostrana attuale …

    P.s.

    Ma come fai a conoscere toad? 🙂
    Sei una “nintendara”?:D

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  4. io mi rendo conto della trigicità della situazione che purtroppo viviamo… però se la metti così l’unica cosa che si può fare leggendo è morire dal ridere!
    ho deciso di seguire il tuo blog a occhi chiusi già solo dall’immagine “fuggite sciocchi” per l’articolo sui film da cui scappare e ora so che ho fatto bene!!!!

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  5. Quando non è chiaro con chi si ha a che fare…meglio darsela a gambe levate, anzi meglio evitare, bisogna guardarsi da farabutti e perditempo…ed esaurite 😉

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